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E' arrivato il libretto di preghiere personalizzato dell'Unità Pastorale di Chions. Lo potrete trovare in canonica a Chions con un'offerta.
UNDICESIMO INCONTRO CATECHESI ADULTI
“La Virtù Teologale della Fede”/9
Taiedo 24.X.2021
Dopo una lunga premessa ora iniziamo a scrutare il mistero e la profondità del Simbolo Apostolico[1]:
Io credo in Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra
e in Gesù Cristo, Suo unico Figlio, nostro Signore,
il quale fu concepito da Spirito Santo, nacque da Maria Vergine,
patì sotto Ponzio Pilato, fu crocifisso, morì e fu sepolto;
discese agli inferi; il terzo giorno risuscitò da morte;
salì al cielo, siede alla destra di Dio, Padre onnipotente:
di là verrà a giudicare i vivi e i morti.
Credo nello Spirito Santo,
la santa Chiesa cattolica, la Comunione dei Santi,
la remissione dei peccati,
la risurrezione della carne,
la vita eterna. Amen.
Gesù, dice il Credo Apostolico, “patì sotto Ponzio Pilato, questo rimanda ad un fatto storico realmente esistito e provato. Infatti, Pilato fu governatore della Giudea fra il 26 e il 36 d.C. e oltre ad essere menzionato nei quattro Vangeli, ci sono notizie della condanna a morte di Gesù anche nella lettera inviata a Cesare da parte di Plinio il giovane. Pilato fu un governatore molto sanguinoso, tanto che fu destituito e richiamato a Roma per dare spiegazione di “tutto il sangue versato” durante il suo regno. Il fatto che il Credo citi il governatore è per rimarcare la veridicità storica di ciò che Gesù ha vissuto, cioè la passione e la morte.
Gesù fu condannato, ingiustamente e con un processo “farsa”, alla morte più ingiuriosa riservata ai criminali, la morte di Croce. La crocifissione e morte di Gesù sono il culmine della donazione del Figlio di Dio; la Redenzione ha raggiunto la pienezza sulla croce: “Egli portò i nostri peccati nel suo corpo sul legno della croce, perché, non vivendo più per il peccato, vivessimo per la giustizia; dalle sue piaghe siete stati guariti” (1Pt 2,24), San Pietro ci aiuta a fare quel salto di fede che ci permette di comprendere, come vedremo dalla risurrezione in poi, di leggere i patimenti, la morte in croce di Gesù come gesto di redenzione per l’umanità. La croce, diventa così il simbolo dei cristiani ed è solo il passaggio attraverso di essa che si coglie la profondità del messaggio di Gesù: da strumento di morte a trono di Gloria. Per arrivare a questo è necessario guardare tutto ciò con gli occhi della fede, sennò tutto è solo uno “scandalo” che non coglie la potenza di Dio che passa attraverso la donazione totale del Figlio.
Donazione che è rappresentata in modo particolare anche dal costato di Gesù, che trafitto dalla lancia, escono sangue ed acqua. I Padri della Chiesa hanno visto in questo il simbolo dei Sacramenti del Battesimo e dell’Eucaristia. Inoltre, Gesù patendo e morendo sulla croce, ha dato un valore nuovo alla sofferenza: un valore redentivo. Ogni uomo ha una sua partecipazione alla redenzione attraverso le proprie sofferenze.
La sepoltura rappresenta il fatto storico che Gesù umanamente ha sperimentato la morte. Mentre gli Inferi rappresentano la dimora dei defunti (lo Scheol ebraico). Gesù ha portato anche a coloro che erano vissuti e morti prima di Lui i benefici della redenzione e del suo sacrificio. In questo modo Gesù ha comunicato la salvezza a tutti i giusti che erano in attesa, poiché la salvezza da Lui operata è universale e per ogni tempo.
[1] Le riflessioni sono prese dal libro: R. Lupi, Credo. Commento al Simbolo degli Apostoli, 2012.
DECIMO INCONTRO CATECHESI ADULTI
“La Virtù Teologale della Fede”/8
Taiedo 22.VIII.2021
Dopo una lunga premessa ora iniziamo a scrutare il mistero e la profondità del Simbolo Apostolico[1]:
Io credo in Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra
e in Gesù Cristo, Suo unico Figlio, nostro Signore,
il quale fu concepito da Spirito Santo, nacque da Maria Vergine,
patì sotto Ponzio Pilato, fu crocifisso, morì e fu sepolto;
discese agli inferi; il terzo giorno risuscitò da morte;
salì al cielo, siede alla destra di Dio, Padre onnipotente:
di là verrà a giudicare i vivi e i morti.
Credo nello Spirito Santo,
la santa Chiesa cattolica, la Comunione dei Santi,
la remissione dei peccati,
la risurrezione della carne,
la vita eterna. Amen.
Gesù non è stato concepito come tutti noi, pur essendosi incarnato (cfr Gv 1, 14) e avendo voluto entrare nel mondo in modo umile, Egli è nato dallo Spirito Santo che ha “adombrato Maria” con la sua potenza di vita e di fecondità: “Le rispose l'angelo: "Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell'Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio”[2].
Maria, pur nella verginità, ha avuto la grazia della maternità. In questo risiede la potenza di Dio a cui “nulla è impossibile”[3], ma anzi allena la nostra fede alla meraviglia, tanto da esser capaci di cantare il nostro Magnificat (cfr. Lc 1,46-55) alla straordinaria potenza dell’Altissimo.
In tutto questo non possiamo e vogliamo dimenticare san Giuseppe, appartenente alla stirpe di Davide, di cui Gesù fu discendente per accreditare che davvero era il Messia, diviene il cosiddetto: “padre putativo”. Nel Credo non emerge come verità di fede, ma nella tradizione e nel culto della Chiesa Giuseppe diviene una figura fondamentale per insegnare a Gesù, che “cresceva in età, sapienza e grazia”[4], cosa significasse stare in famiglia, pregare, amare e tutto ciò che ne deriva. Giuseppe, figura umile e straordinaria, diviene anche per noi esempio di sequela come testimone di silenzio, preghiera e fiducia in Dio. La nascita di Gesù ha sconvolto il mondo perché è stata un gesto di immensa umiltà da parte di Dio che nasce nella povertà per arricchirci noi. Ecco il senso della “kenosis” cioè dello svuotamento da parte di Gesù che san Paolo descrive nell’inno ai Filippesi[5].
Tutto questo si realizza con la libera iniziativa e risposta di Maria, anche di Giuseppe che l’accoglie pur avendo pensato di ripudiarla in segreto (cfr. Mt 1, 18-25), che davanti alla proposta dell’Arcangelo Gabriele, pur con un momento di esitazione, si fida ed esprime il suo “Fiat” alla volontà di Dio. Maria diviene così mediatrice tra Dio e la creatura umana, anello di congiunzione tra l’opera di Dio e la nostra.
[1] Le riflessioni sono prese dal libro: R. Lupi, Credo. Commento al Simbolo degli Apostoli, 2012.
[2] Lc 1, 35.
[3] Lc 1, 37.
[4] Lc 2, 52.
[5] Fil 2, 5-11.
NONO INCONTRO CATECHESI ADULTI
“La Virtù Teologale della Fede”/7
Taiedo 18.VII.2021
Dopo una lunga premessa ora iniziamo a scrutare il mistero e la profondità del Simbolo Apostolico[1]:
Io credo in Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra
e in Gesù Cristo, Suo unico Figlio, nostro Signore,
il quale fu concepito da Spirito Santo, nacque da Maria Vergine,
patì sotto Ponzio Pilato, fu crocifisso, morì e fu sepolto;
discese agli inferi; il terzo giorno risuscitò da morte;
salì al cielo, siede alla destra di Dio, Padre onnipotente:
di là verrà a giudicare i vivi e i morti.
Credo nello Spirito Santo,
la santa Chiesa cattolica, la Comunione dei Santi,
la remissione dei peccati,
la risurrezione della carne,
la vita eterna. Amen.
Continuando con il nostro credo approdiamo alla seconda frase che ci fa scoprire la seconda persona della Santissima Trinità: il Figlio. Dopo aver affermato di credere nel Dio unico e visto la qualifica del Padre come Onnipotente e Creatore, ora ci soffermiamo su Gesù Cristo.
Egli è un personaggio talmente importante tanto da dividere la storia prima e dopo la sua venuta, addirittura facendo ricominciare la storia proprio dalla sua nascita.
Noi ci chiamiamo cristiani proprio perché crediamo in Lui; già in At 11, 26 troviamo scritto: “Ad Antiochia per la prima volta i discepoli furono chiamati cristiani”. Siamo suoi discepoli perché lo seguiamo e portiamo il messaggio predicato: il Vangelo. Ed è proprio perché siamo stati con Lui e lo abbiamo seguito che abbiamo compreso che Gesù Cristo, come sottolinea più volte san Paolo nelle sue lettere, sta ad indicare la doppia natura di questo personaggio così importante e controverso della storia: la natura umana e divina. Lui è vero Dio e vero uomo. Egli stesso si definisce Figlio del Padre che dona a noi lo Spirito Santo.
Il Figlio è una sola persona con due nature, le quali non sono né confuse, né separate si cadrebbe sennò nelle varie eresie (ad esempio Nestoriane; Ariane…etc..).
Gesù è vero uomo, infatti egli ha gli stessi sentimenti, stati d’animo di tutti gli uomini: si commuove, gioisce, soffre, prova dolore, ride… Gesù come Dio, opera segni prodigiosi e parla il linguaggio mai udito, nel quale ci presenta il volto paterno di Dio, cioè di un Dio che è Amore, che sa accogliere, perdona e vuole il vero bene delle creature. Proprio perché è uomo e Dio, Gesù è l’unico mediatore fra Dio e gli uomini; come scrive san Paolo a Timoteo (1Tm 2,5-6)” Uno solo è Dio e uno solo è l’unico mediatore fra Dio e gli uomini, Cristo Gesù, che ha dato se stesso in riscatto per tutti noi”.
Il suo nome, Gesù, significa “Dio salva” e mette in evidenza la missione del Figlio iniziata con l’Incarnazione e compiuta con la Risurrezione. Inoltre, è chiamato anche Emmanuele “Dio con noi” per farci comprendere come sia sempre presente nel mondo e manifestato dalla Chiesa da Lui fondata.
Compito fondamenta della Chiesa, allora, sarà di dirigere lo sguardo dell’uomo proprio su di Lui il mediatore e salvatore.
Gesù è l’Alfa ed Omega, come lo descrive l’Apocalisse, il Primo e Ultimo, il principio e la e il fine della nostra storia. Gesù principalmente annuncia il Regno dei Cieli, la presenza della Signoria di Dio nel mondo e ci insegna che sono il servizio e la carità il fondamento e la base di questa signoria che si estende, poi, verso l’eternità.
[1] Le riflessioni sono prese dal libro: R. Lupi, Credo. Commento al Simbolo degli Apostoli, 2012.